
Il subcontinente indiano con la sua molteplicità di religioni, culture e bellezze paesaggistiche esercita da secoli sugli Europei un fascino inesauribile, al quale cedono soprattutto scrittori e artisti, i quali vogliono verificare con i propri occhi l’immagine acquisita attraverso racconti e descrizioni di viaggio. Come riassume nel 1925 Hermann Hesse in Aus Indien und über Indien [“Dall’India e sull’India”], “si intrecciano in modo strano profondi interessi spirituali con una fanciullesca voglia di esotico ed una smania languida di sensazioni”. L’India del XIX secolo appariva come il paese delle meraviglie, nel quale maharajah che risiedevano in palazzi favolosi, fachiri, incantatori di serpenti e cacce alla tigre eccitavano le fantasie dei viaggiatori europei.
La mostra Sieben Jahre Indien. Photographien und Reiseberichte von Samuel Bourne 1863-1870 [“Sette anni in India. Fotografie e racconti di viaggio di Samuel Bourne 1863 -1870″] è dedicata al fotografo europeo più famoso e apprezzato in India che, con le sue immagini, ha contribuito in maniera decisiva a formare la nostra immagine della cultura indiana. Dopo le mostre dedicate a Felice Beato in Giappone (1991) e a Giorgio Sommer in Italia (1992), questo progetto chiude la trilogia del Fotomuseum sulla storia della fotografia di viaggio nell’Ottocento. L’espressione ‘fotografia di viaggio’, quasi innocua ed innocente, si rivela, vista da più vicino, come un fenomeno collegato ad interessi politici, economici e di natura personale. Bisogna tener presente che, nel caso di Samuel Bourne, il fotografo operava in India come membro privilegiato del potere coloniale, e che il suo interesse alla cultura indiana rispecchia anche lo sguardo etnocentrico dell’Europeo, il quale da un lato era influenzato da pregiudizi stereotipati e dall’altro era fortemente impressionato dalla cultura indiana.
Nelle sue immagini dell’India Samuel Bourne cerca di rintracciare segni riconoscibili anche dalla madrepatria, così che i suoi paesaggi indiani a volte si distinguono poco dalla rappresentazione di una scena di montagna del sud del Galles o della Scozia. Nelle riprese degli edifici e delle magnifiche architetture indiane, invece, si avvertono la curiosità e l’entusiasmo del fotografo per l’esotico e l’inconsueto che, nella visione pittoresca della sua composizione perdono ogni carattere di minacciosità e stimolano soprattutto desideri turistici. Questo vale particolarmente per le riprese degli ex-scenari dell’ “’Indian Mutiny”, a Lucknow, Gwalior, Delhi e Agra (1857-59), che Samuel Bourne visita conoscendo già le riprese di Felice Beato. Le fotografie dei luoghi dei crudeli massacri erano ‘souvenir’ di viaggio altrettanto ricercati quanto le rappresentazioni dei monumenti più significativi indiani, che Bourne sapeva tradurre in vedute di alta qualità artistica.
Samuel Bourne divenne famoso per le sue fotografie della regione dell’Himalaya, a quei tempi ancora inesplorata e nella quale aveva viaggiato, muovendosi fuori dai soliti itinerari, nello stesso periodo in cui i fratelli Bisson documentarono fotograficamente i più alti ghiacciai alpini. Al centro dell’esposizione sono le fotografie della regione montuosa dell’India del nord insieme ai racconti di viaggio che Samuel Bourne ha lasciato delle sue spedizioni nell’Himalaya e in Kashmir dal 1863 al 1866: si tratta di una delle rare testimonianze lasciate dai fotografi del XIX secolo e, nelle loro dettagliate osservazioni, rappresentano un documento veramente unico. Dalla simbiosi di un avventuroso diario di viaggio con fotografie, si ha il risultato di un avvincente mélange, che manifesta tali diverse forme espressive nelle loro possibilità e nei loro limiti.
La fotografia di viaggio nell’Ottocento era un’impresa particolarmente faticosa. L’equipaggiamento tecnico, costituito di prodotti chimici, macchine fotografiche, negativi di vetro, tenda della camera oscura, provviste per alcune settimane, veniva accuratamente imballato in scatole pesanti e trasportato da facchini, cosicché Bourne, durante le sue spedizioni nell’Himalaya, fu accompagnato da indigeni Sherpa anche fino ad un numero di ottanta. Le condizioni di ripresa non erano meno difficoltose. Con molta cura bisognava cercare un punto di ripresa in un paesaggio impraticabile ed era necessario attendere una certa disposizione della luce prima di poter esporre il negativo. Solo raramente questa procedura complicata offriva un risultato soddisfacente, poiché spesso le condizioni atmosferiche, le variazioni della luce e altri ostacoli rovinavano la ripresa, così che il rendimento di negativi effettivamente utilizzabili era abbastanza basso.
Durante il suo soggiorno di sette anni in India, Samuel Bourne aveva eseguito circa 1200 riprese in vari formati che, attraverso i cataloghi, offriva e vendeva a livello internazionale insieme alle fotografie del suo socio Charles Shepherd.
Nel Fotomuseum dello Stadtmuseum di Monaco si conserva, grazie al dono della collezione Breitenbach, un fondo interessante di fotografie sull’India del XIX secolo, con riprese di Felice Beato, James Robertson, W. H. Hooper, Samuel Bourne e Charles Sheppherd, nonché dei fotografi indiani Darogha Ubbas Alli e Lala Deen Dayal. Tali presenze non sarebbero comunque state sufficienti per realizzare la mostra e questo catalogo.
Ringraziamo soprattutto, per il contributo offerto con il consistente prestito di opere, Dietmar Siegert di Monaco, che ancora una volta ha messo generosamente a disposizione la sua collezione, e il cui aiuto si è esteso anche alle diverse fasi preparative, durante le ricerche. Un ringraziamento va anche agli altri prestatori, i collezionisti privati Michael e Jane Wilson, Howard e Jane Ricketts di Londra, Ruth e Peter Herzog di Basilea ad al Rijksmuseum di Amsterdam per aver messo a disposizione materiali e riproduzioni.
Esther Ruelfs ha seguito il progetto come borsista della fondazione Alfried Krupp von Bohlen und Halbach, nell’ambito del programma “Museumskuratoren für Fotografie” [curatori di musei per la fotografia], durante il suo soggiorno di sei mesi a Monaco, prima che il suo lavoro fosse proseguito da Franziska Schmidt, anche lei borsista della fondazione Krupp. Per il lavoro meticolosamente svolto, a tutte due le studiose va un ringraziamento speciale. Esther Ruelfs ha inoltre redatto per il catalogo un saggio sul fenomeno del sublime nelle descrizioni di viaggio di Samuel Bourne. Ringrazio inoltre gli autori John Falconer e Gary Sampson, per i loro esaustivi contributi sulla fotografia indiana del XIX secolo e sulla vita e le opere di Samuel Bourne, e il dottor Wolfgang Stein, tutore al Museum für Völkerkunde [Museo di Etnologia] di Monaco, al quale dobbiamo la stesura delle informazioni che accompagnano le tavole.
Ringrazio i musei che partecipano alla mostra itinerante e i loro direttori, dottor Peter Assmann dell’Oberöstereichischen Landesmuseum di Linz e William Ewing del Musée de l’Elysée di Losanna, che hanno dato la disponibilità per la presentazione della mostra. Il mio ringraziamento finale va a Lothar Schirmer e alla casa editrice Schirmer/Mosel, oltre che e a Klaus E. Göltz e alla dottoressa Birgit Mayer, che hanno dato agli scritti non solo una forma leggibile, ma anche una qualità letteraria.
Dr. Ulrich Pohlmann, dicembre 2000
Fotomuseum nello Stadtmuseum di Monaco
Sede: Roma, Palazzo Poli (Fontana di Trevi) – via Poli 54
Periodo di apertura: 21 febbraio – 14 aprile 2002
Orari di apertura: martedì-domenica dalle ore 10.00 alle ore 19.00 (chiuso il lunedì)
Prezzi del biglietto di ingresso:
intero 5.00
ridotto 3.00: per minori di 18 anni, scuole, studenti universitari (su presentazione del libretto universitario), gruppi (minimo 20 visitatori), giornalisti, militari in divisa, visitatori di età superiore a 60 anni;
gratuito per: bambini fino a 6 anni, visitatori disabili, dipendenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (su presentazione della tessera di riconoscimento).
Ufficio Stampa:
Istituto Nazionale per la Grafica Marcella Ghio tel. 06/69980238 – fax 06/69921454
Associazione Civita Barbara Izzo tel. 06/692050220 – fax 06/69942202
Informazioni:
Associazione Civita tel. 06/692050205 – fax 06/69942202
Roma, Palazzo Poli (Fontana di Trevi) – Via Poli, 54
21 febbraio – 14 aprile 2002
La mostra che verrà inaugurata nelle sale espositive di Palazzo Poli (Fontana di Trevi) il 21 febbraio 2002 presenta per la prima volta in Italia la vasta opera fotografica realizzata in India dall’inglese Samuel Bourne (1834-1912), insieme ad alcune altre immagini realizzate, sempre in India, dallo studio Bourne & Shepherd e da altri professionisti attivi già dalla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento anche nel subcontinente: tra queste, in particolare, si segnalano quelle di Felice Beato (un importante nucleo di fotografie realizzate nel 1858-1859, che documentano luoghi, eventi e conseguenze dell’“Indian Mutiny”) e alcune stampe da calotipo realizzate intorno al 1856-1858 da professionisti inglesi dello stesso ambito, tra cui James Robertson, che, inedite per il pubblico italiano, ben esemplificano le origini della fotografia in India. Curata da Ulrich Pohlmann e Dietmar Siegert, la mostra è stata organizzata dal Münchner Stadtmuseum-Fotomuseum, dove già è stata presentata al pubblico, nel corso del 2001, dopo esser stata ospitata anche a Linz, nell’Oberösterrechisches Landesmuseum e a Losanna, presso il Musée de l’Elysée. Il lavoro di Bourne, che era giunto a Calcutta nel gennaio del 1863 e fino al 1869 si era stabilito nella città di Simla, nella regione dell’Himachal Pradesh e sede estiva del governo inglese in India, comprende le prime fotografie riprese in alta montagna e i primi paesaggi dell’Himalaya, oltre ad alcune tra le più antiche fotografie che documentano il mondo del subcontinente e l’eredità culturale indiana, dalle emergenze architettoniche ai “tipi” etnici e ai costumi della popolazione. Completano il corpus diverse fotografie di architettura e alcuni ritratti che testimoniano la presenza britannica in India in epoca vittoriana. Associatosi con Charles Shepherd, con il quale aprì uno studio anche a Calcutta, Bourne avviò in quegli anni uno dei sodalizi fotografici più fortunati e di maggior impatto commerciale, il cui successo era all’epoca assicurato dalla notevole richiesta di fotografie, soprattutto nella madrepatria. La sua opera contribuì in maniera significativa a veicolare l’immagine stessa dell’India, razionalizzandola e ordinandola secondo quelli che erano i fondamentali canoni estetici della società vittoriana e accrescendone così l’interesse. La mostra, comprendente circa 160 opere (dal Fotomuseum di Monaco, dalla collezione Dietmar Siegert di Monaco, dalla collezione Michael Wilson e Howard Ricketts di Londra e dalla collezione Ruth e Peter Herzog di Basilea), è accompagnata da un catalogo in lingua tedesca (pubblicato dalla casa editrice Shirmer e Mosel) nel quale, oltre a quasi tutte le riproduzioni delle opere esposte, sono pubblicati anche i diari di viaggio del fotografo che, già all’epoca, erano apparsi tra il 1863 e il 1869 nel “British Journal of Photography” e che costituiscono una importante testimonianza del suo lavoro. Completano il volume i saggi di John Falconer (curatore alla British Library delle collezioni dell’Oriental and India Office), di Gary Sampson (del Cleveland Institute of Art), di Ulrich Pohlmann (direttore del Fotomuseum im Münchner Stadtmuseum) e di Esther Ruelfs (Monaco). Il catalogo della mostra sarà disponibile per il pubblico italiano insieme ad un fascicolo con la traduzione dei testi, al quale hanno generosamente contribuito il Goethe Institut e il British Council di Roma. L’organizzazione e la promozione della mostra presso l’Istituto Nazionale per la Grafica sono a cura di Civita.
CRONOLOGIA
1834 Nasce il 30 ottobre a Muckleston (Staffordshire); frequenta la Market Drayton Grammar School
1853 Acquista la sua prima macchina fotografica ed i reagenti chimici; esegue un ritratto dei suoi Amici.
1855 Accetta un impiego nella Messrs. Moore & Robinson’s Bank a Nottingham; continua a fotografare nel tempo libero e sperimenta il “Fothergill Process.
1858 Alla fine di giugno intraprende un viaggio fotografico attraverso il Lake District.
Viene fondata la Nottingham Photographic Society.
Fino al 1860 visita il Galles del nord e gli Highlands scozzesi.
1859 Partecipa alla mostra della Nottingham Photographic Society dal 7 al 15 gennaio, nella quale anche Frith, Fenton, Le Gray, Howlett, MacPherson e i fratelli Bisson presentano alcune opere.
1860 Il 31 gennaio, presso la Nottingham Photographic Society, tiene la conferenza “On Some of the Requisites for the Production of a Good Photograph”. In gennaio alcune sue opere sono esposte alla mostra annuale della London Photographic Society. Il 26 dicembre diventa socio della North London Photographic Society
1861 Il 18 dicembre, in sua assenza, viene letto dal segretario della North London Photographic Society il saggio di Bourne “The Original Fothergill Process” e vengono mostrati alcuni paesaggi ripresi con questo procedimento.
1862 Abbandona il suo impiego presso la banca di Nottingham. Bourne è rappresentato con altri fotografi all’Esposizione universale di Londra. Il 15 ottobre si imbarca per l’India.
1863 A gennaio sbarca vicino Madras; visita la “Madras School of Industrial Arts”, ove si insegna la fotografia agli indigeni. Il 22 gennaio arriva a Calcutta e, poco tempo dopo, partecipa alla riunione della Bengal Photographic Society, della quale viene eletto membro il 24 febbraio, durante la sua assenza. A metà febbraio intraprende il viaggio da Calcutta a Simla: lungo la strada, prime fugaci visite ad alcune bellezze monumentali. Arriva a Simla il 1. marzo: nella seconda settimana di aprile inizia a fotografare l’Himalaya.
Entra in società con Howard, che sviluppa i suoi negativi su vetro. Il 30 giugno vengono mostrate alcune sue vedute di Simla alla Bengal Photographic Society, a Calcutta.
Il 29 luglio parte per il primo viaggio in Himalaya: sulla nuova strada Simla-Tibet verso il Sutlej, soggiorna a Chini e dintorni, attraversa il passo Tari e perlustra la valle del Wanga; il 12 ottobre è di ritorno a Simla.
A novembre scrive il resoconto di viaggio, “Ten Weeks with the Camera in the Himalayas”. Shepherd & Robertson annunciano lo scioglimento della loro società a Simla; Shepherd si unisce a Howard e Bourne, e la ditta prosegue l’attività sotto il nome di “Howard, Bourne & Shepherd”, che in breve tempo divenne meglio nota come “Bourne & Shepherd”. La ditta viene aperta il 1. dicembre a Meean Meer e offre le recenti serie di paesaggi, che includono vedute di Simla, di Chini e delle catene di monti innevati, ricorrendo invece ai fondi dei predecessori Shepherd & Robertson, per le vedute di Lucknow, Delhi e Agra.
1864 A gennaio viene inaugurata l’esposizione del Punjab a Lahore; la ditta Bourne & Shepherd esegue riprese fotografiche dell’ambiente dell’esposizione. A marzo la ditta si trasferisce da Meean Meer a Simla. Il 17 marzo Bourne lascia Lahore in direzione di Kangra, la prima tappa del suo viaggio in Kashmir: il 3 luglio arriva a Srinagar e, il 15 settembre, riprende il viaggio verso la valle del Sindh e il passo Zoji-la; a novembre è in Kashmir – Baramula – Jhelum; ritorna a Simla verso Natale. A dicembre partecipa alla mostra della Bengal Photographic Society, nella quale è premiato con medaglie d’oro ed argento.
1865 A gennaio partecipa alla Lucknow Exhibition of Native and Foreign Industry. Ad agosto, in una seduta della Bengal Photographic Society, vengono presentate le fotografie di Bourne del Nord-ovest dell’India e della valle del Sindh. Ad ottobre la ditta annuncia la visita a Lahore, Peshawar e Sialkot, per eseguire ritratti e fotografie dei reggimenti.
1866 Nell’inverno del 1865/66 Bourne viaggia attraverso l’India superiore per fotografare l’architettura e i luoghi dell’ “Indian Mutiny”. L’agenzia W. Newman & Co. prende l’esclusiva della ditta Bourne & Shepherd a Calcutta e pubblicizza l’offerta arricchita di soggetti fotografici ripresi da Bourne nell’inverno: vedute di Agra, Benares, il Durbar di Bharatpur, Bindrabund, Kanpur, Delhi, Deeg, Fatehpur Sikri, Gwalior, Govindund, Lucknow e Mathura (Muttra); il nucleo principale era costituito dalle vedute di Fatehpur Sikri e dalla serie del Memorial Well, nei dintorni di Kanpur. La ditta fornisce nel frattempo agenzie a Bombay, Lucknow, Agra, Allahabad, Murree, Meean Meer, Mussoorie e Madras.
A giugno completa il testo “Narrative of a Photographic Journey to Kashmir (Cashmere) and Adjacent Districts”. Pianifica viaggi alle sorgenti del Gange e dello Yamuna come in Inghilterra; il suo viaggio nell’interno del paese, con soste a Kulu, Spiti, Chini, Gangotri, e Yamunotri (Jamnutra), viene annunciato dalla stampa. A luglio ha inizio la sua terza spedizione nell’Himalaya in compagnia del dottor George Rankin Playfair: risalgono il Sutlej nella valle di Kulu e attraverso i passi Rohtang e Hamta a Spiti, dove soggiornano fino a metà agosto; da qui Bourne riprende il viaggio da solo, attraverso il passo Manirung, verso Sutlej, Spiti e Chini; a settembre/ottobre continua nella valle Baspar fino al ghiacciaio, attraverso il passo Nila a Gangotri e alla sorgente del Gange; a novembre va a Mussoorie, Dehra Dun, Haridwar, Roorkie, nella valle Naini; dopo sei mesi, verso Natale, ritorna a Simla. A dicembre partecipa all’esposizione della Bengal Photographic Society, dove, per una serie di dieci paesaggi, riceve la medaglia d’oro ed il premio Lieut-Governor’s di 100 Rupie.
1867 Torna in Inghilterra. La ditta Bourne & Shepherd partecipa all’esposizione di Jabalpur con vedute dell’Himalaya e paesaggi di Shepherd ripresi a Jabalpur. A febbraio la ditta partecipa all’esposizione di Agra e quindi all’Esposizione universale di Parigi con paesaggi indiani. Il 9 maggio Bourne sposa Mary Tolley a Nottingham e a novembre ritorna con sua moglie in India. Apre una filiale a Calcutta. Bourne inizia la sua serie di fotografie di Calcutta e sulla vita nella campagna bengalese, alla quale lavorerà fino al gennaio 1868. A dicembre partecipa all’esposizione annuale della Bengal Photographic Society: è premiato con la medaglia d’oro del Viceré per la migliore fotografia singola, Portrait of a Lady.
1868 A gennaio/febbraio lavora alla serie “Simla in inverno”; alla fine di febbraio la ditta annuncia questi lavori e promette una nuova serie più ampia, “Simla in estate”. A dicembre, all’esposizione annuale della Bengal Photographic Society, Bourne viene premiato con medaglia d’oro per i sei migliori paesaggi, Shepherd per i sei migliori ritratti.
1869 n primavera Bourne visita Darjeeling; la serie Darjeeling esce a giugno dopo il trasloco dello studio nella stessa Calcutta; anche alcune vedute delle grotte scolpite nella roccia vicino ad Ajanta ed Ellora, probabilmente fotografate da Collin Murray per la ditta, vengono pubblicate a giugno. Il 10 giugno Bourne parte da Calcutta, in barca, per Madras; fotografa i templi dell’India meridionale, Udhagamandalam e i monti Nilgiri. A dicembre, all’esposizione annuale della Bengal Photographic Society, Bourne riceve l’oro per i migliori paesaggi, il bronzo per le migliori dodici vedute di monumenti antichi (Tanjore e Tiruchirappalli) e la medaglia d’oro del Viceré per il miglior paesaggio; Shepherd ottiene l’oro per i ritratti. A metà dicembre la ditta apre temporaneamente (fino all’8 gennaio 1870) una filiale ad Allahabad per eseguire ritratti.
1870 Il 27 novembre Bourne lascia con la sua famiglia l’India sulla SS China e torna via Aden e Suez in Inghilterra.
Anni Settanta
Poco dopo il suo ritorno, impressionato dai dipinti di Noakes, artista inglese che aveva esposto a Calcutta, inizia a dipingere ad acquerello; Bourne diventa suo allievo e prende lezioni da J.D. Harding; diventa membro del Castle Museum & School of Art Committee.
Bourne diventa socio del cognato nel commercio del cotone (cotton doubling business).
1872 Esce il suo breve articolo sulla fotografia di paesaggio in The British Journal Photographic Almanac & Photographer’s Daily Companion, un sunto della sua tecnica e dei suoi ideali artistici.
1873 Partecipazione di Bourne & Shepherd all’Esposizione universale di Vienna.
1874 Prima menzione nell’indirizzario di Nottingham: Simla Village, Raleigh Street.
1880 Bourne espone i suoi acquerelli alla Local Artists Exhibition (Castle Museum & Art Gallery)
1884 Bourne sostiene e presta il proprio aiuto per il primo incontro della Nottingham Amateur Photographic Association e mostra l’intenzione di lasciare gran parte delle sue fotografie ai membri dell’associazione.
1885 Costruzione della casa di Bourne, “Brightlands”, a Nottingham Park, su tre piani e con un “photographic room”.
1892 Fondazione del Camera Club, del quale Bourne diventa socio.
1893 A marzo tiene una conferenza per la Nottingham Arts Society, presso il Nottingham Castle Museum, “Results of Holiday Rambles with a Camera” e proietta più di cento diapositive (vedute del Nottinghamshire, Derbyshire, Devonshire, la costa di Norfolk, il Galles, il Lake District, la Scozia e i laghi Killarney).
1894 Bourne diventa membro e vicepresidente della camera di commercio di Nottingham; mantiene l’incarico fino al 1909.
1909 Bourne lascia il lavoro e abbandona completamente la fotografia.
1910 A maggio tiene una conferenza, davanti alla Nottingham Society of Arts, sulle sue impressioni dell’India, soprattutto sulla terza spedizione nell’Himalaya con Playfair, la traversata del passo Manirung e il viaggio alla sorgente del Gange.
1912 l 24 aprile Bourne muore di un attacco al cuore.
(* Estratto a cura di Esther Ruelfs e Ulrich Pohlmann da Gary D. Sampson, Samuel Bourne and 19th-Century British Landscape Photography in India, Phil. Diss., Santa Barbara, University of California, 1991.)
Chi non l’ha provato personalmente, non può immaginare i sentimenti del vero fotografo quando è circondato da uno scenario così bello e maestoso. Se egli è un profondo amante della natura (come dovrebbe essere ogni fotografo), sa bene che non verrà compensato soltanto da quell’entusiasmo superiore che si sprigiona nello spirito poetico alla vista di un paesaggio maestoso (cosa che succede ad ogni ordinario turista): il fotografo è consapevole di poter imprigionare nelle sue lastre sensibili e misteriose ogni caratteristica dello spettacolo imponente che gli si dischiude davanti agli occhi, con una verità completa e una penna infallibile. Samuel Bourne, 1860 Io sto dalla parte delle fotografie grandi, fatte direttamente dalla macchina fotografica; perché quando queste fotografie sono scelte in modo artistico, illuminate con cura e manipolate in modo pulito e abile, possiedono un fascino che non stanca mai, e quando si guardano, fanno sentire come se si stesse davvero di fronte a quelle vedute. ….e venti fotografie del genere, fatte in ogni viaggio, solo dei soggetti migliori, valgono una quantità di piacere e soddisfazione che intere scatole di piccoli negativi non potranno mai trasmettere.
Samuel Bourne, 1869 
Era impossibile contemplare questo tumultuoso mare di monti senza essere profondamente colpiti dalla loro terribile maestà … senza sentir elevarsi le possibilità dello spirito e il cuore silente ascendere fino a Colui che ha creato quest’opera straordinaria, Colui il cui occhio è il solo ad avere scrutato gli spaventosi abissi di questi recessi dove il sole non arriva mai, e la Cui Presenza è la sola ad essersi posata su tali misteriose e sublimi altitudini …. Da parte mia, posso dire che prima di iniziare ad occuparmi di fotografia non sapevo vedere nemmeno la metà delle bellezze della natura che vedo oggi, e la gloriosa bellezza e la potenza di un paesaggio incantevole spesso mi sono passate davanti senza lasciare più che una debole impressione sulla mia mente non educata; ma ciò non mi accadrà mai più. Samuel Bourne, novembre 1863 Il giorno dopo il mio arrivo, giunse alla mia residenza un messaggero ad informarmi che il Rajah stava per farmi l’onore di una sua visita. Poco dopo comparve Sua Altezza, a cavallo di un elefante e assistito da un seguito scintillante ma clownesco. Gli andai incontro e, dopo le consuete formule di saluto, egli mi disse che, udito che ero un fotografo, era venuto per comunicarmi che anch’egli era un seguace di quell’arte, e che era impaziente che andassi da lui a vedere i suoi lavori e i suoi apparecchi. Promisi di farlo il giorno seguente, e restituii pertanto la visita come convenuto. Non posso dire granché in favore della qualità delle sue opere: egli stesso, in verità, non sembrava interessato alle fotografie in sé nemmeno la metà di quanto mostrava di esserlo per macchine fotografiche e obiettivi. Non pensavo che fossero magnifici? I miei erano altrettanto validi ? …. Fui sorpreso di trovare la fotografia tra i suoi capricci: ciò dimostra in quali angoli remoti e nascosti si siano ormai fatti strada la macchina fotografica e il collodio. Samuel Bourne, giugno 1866 Ho pensato spesso a quale splendido scenario si presenti qui ai nostri confratelli (se vorranno permetterci di chiamarli così) del pennello. E’ ovviamente del tutto impossibile trasmettere con la macchina fotografica un’idea di scene e di distanze di tal genere; le distanze finirebbero col rincorrersi, perdendosi in una indistinta linea nebbiosa, dove invece l’occhio riesce a seguire quel susseguirsi in lontananza che trasmette l’idea di estensioni e distanze immense. Il fotografo può cimentarsi con successo soltanto con “scorci” e distanze relativamente brevi; ma l’artista, che dispone dei colori e dei contorni per trasmettere l’idea della lontananza, potrebbe trovare qui qualcosa per cui valga la pena intraprendere il viaggio. […] Quanto spesso ho lamentato il fatto che la macchina sia impotente nell’affrontare queste scene quasi ideali, e che con tutta la sua fedeltà, non riesca a dare una vera idea della solennità e della grandiosità che il crepuscolo in una vasta regione montuosa rivela, tanto alla mente quanto all’immaginazione.
Samuel Bourne, giugno 1866 
Gli abitanti del Kashmir sono famosi per il loro amore per il canto e la musica. Non è insolito, mentre ve ne state sdraiati nella vostra barca e vi lasciate scivolare lungo il fiume “secondo il suo dolce piacimento”, vedere un paio di occhi neri che vi scrutano dietro la grata di una finestra, da un alto edificio sopra di voi, da cui scendono anche le note di una voce argentina e la lieve melodia di una chitarra. Quasi tutte le danzatrici sanno suonare e cantare; e sebbene per le orecchie inglesi la loro musica suoni strana e monotona, c’è qualcosa di dolce in essa che invita alla meditazione.
Samuel Bourne, giugno 1866

Di tanto in tanto i punti di appoggio erano abbastanza sicuri, ma in alcuni punti anche i nervi più saldi sarebbero stati scossi e anche il cuore più intrepido si sarebbe messo a tremare. Un passo falso, una piccola scivolata e mi sarei ritrovato nel ruscello e un momento dopo nell’aldilà. Non osavo guardare giù, ma tenevo la mia faccia rivolta verso le rocce e la mano del mio servo che, non avendo le scarpe, aveva una presa più sicura sulle rocce. Rimane un mistero ancora oggi come abbiano fatto i miei coolies con i loro carichi pesanti, alcuni di loro con cose ingombranti come i pali per la tenda, ad essere arrivati sani e salvi oltre queste cinque miglia di cammino, su una cornice di roccia con la morte davanti ad ogni singolo passo.
Samuel Bourne, 1869

Un luogo così sacro e famoso come Gangootru, visitato da molti pellegrini da tutte le parti dell’India, mi aspettavo di trovarlo molto diverso da come in realtà era. … Ma lo scopo di questi pellegrinaggi non è il tempio, bensì il fiume. I pellegrini immergono i loro recipienti nel ruscello, elevano le loro preghiere al dio del tempio, portano via l’acqua sacra, incontaminata come sgorga dalla sorgente divina. … Ma, mentre loro erano soddisfatti anche senza arrivare alla fonte, io non lo ero; l’acqua non era pura abbastanza per me. Dovevo prenderla proprio all’inizio del fiume sacro e lavarmi le mani nella purezza, senza aver lasciato inesplorata l’origine della sua esistenza. … abbiamo finalmente raggiunto la nostra meta e io ho provato un certo grado di soddisfatta curiosità, come anche la sensazione di essere un mortale privilegiato al quale viene concessa l’opportunità di contemplare la prima parte visibile del possente e sacro Gange ….e sarei potuto tornare indietro con la sensazione di aver raggiunto uno dei più importanti scopi del mio viaggio.
Samuel Bourne, 1869

Scritti di Samuel Bourne e Cataloghi di Bourne & Shepherd (in ordine cronologico) “Mr. Fothergill’s Dry Process”, in Liverpool and Manchester Photographic Journal (poi British Journal of Photography), n. 2, 15 luglio 1858, p. 196. “On Some of the Requisites Necessary for the Production of a Good Photograph”, in Nottingham Athenaeum Society Magazine, agosto 1860, pp. 5-34; ottobre 1860, pp. 35-42; dicembre 1860, pp. 68-73; e Photographic News, 24 febbraio 1860, p. 296; 2 marzo 1860, p. 308; 7 marzo 1860, p. 322; 16 marzo 1860, p. 334; 23 marzo 1860, p. 348; 30 marzo 1860, p. 357; 5 aprile 1860, p. 370. “The Original Fothergill Process”, in British Journal of Photography, 2 gennaio 1862 pp. 6-9. “Photography in the East”, in British Journal of Photography, 1 luglio 1863, pp. 268-270; 9 settembre 1863, pp. 345-347. “Ten weeks with the Camera in the Himalayas”, in British Journal of Photography, 1 febbraio 1864, pp. 50-51; 15 febbraio 1864, pp. 69-70.

Photographic Views in India, by Bourne and Shepherd, Catalogue of Views, Simla, senza data [ca. 1866]. “Narrative of a Photographic Trip to Kashmir (Cashmere) and Adjacent Districts”, in British Journal of Photography, 5 ottobre 1866, pp. 474-475; 19 ottobre 1866, pp. 498-499; 2 novembre 1866, pp. 524-525; 28 novembre 1866, pp. 559-560; 7 dicembre 1866, pp. 583-584; 28 dicembre 1866, pp. 617-619; 4 gennaio 1867, pp. 4-5; 25 gennaio 1867, pp. 38-39; 8 febbraio 1867, pp. 63-64. Photographic Views of Jumnootri, Mussoorie, Hurdwar, Roorkee, Nynee Tal and Bheem Tal, Bourne & Shepherd, Simla 1867. Photographic Views in India, by Bourne and Shepherd, Catalogue of Views, Calcutta e Simla, senza data [ca.1868]. “A Photographic Journey through the Higher Himalayas”, in British Journal of Photography, 26 novembre 1869, p. 570; 3 dicembre 1869, pp. 579-580; 17 dicembre 1869, p. 603; 24 dicembre 1869, pp. 613-614; 31 dicembre 1869, pp. 628-629; 14 gennaio 1870, pp. 15-16; 28 gennaio 1870, pp. 39-40; 18 febbraio 1870, pp. 75-76; 4 marzo 1870, pp. 98-99; 18 marzo 1870, pp. 125-126; 1 aprile 1870, pp. 149-150. “Quarterly Meeting”, in Journal of the Bengal Photographic Society, n.s. 2, aprile 1871, pp.1-2. “Landscape Photography”, in The British Journal Photographic Almanac and Photographer’s Daily Companion, London 1872, pp. 113-114. James Burgess/Colin Murray: The Architecture and Scenery of Gujurat and Rajputana illustrated with thirty photographs, Bourne & Shepherd, Calcutta & Bombay 1874. Royal Photographic Album of Scenes and Personages Connected with the Progress of H.R.H. The Prince of Wales, Bourne & Shepherd, Calcutta 1876. List of Photographs of Kandahar and Neighbourhood, Bourne & Shepherd, Station Press, Simla, ca. 1880. A Permanent Record of India: Pictures of Viceroys, Moghul Emperors, Delhi Durbars, Temples, Mosques, Architectures, Types, All Indian Industries, Himalayan Scenes, Views from the Khyber Pass to the Andaman Islands, from 1840 to the Present Day, Catalogue of Views by Samuel Bourne, Charles Shepherd, Colin Murray, and Others, Bourne and Shepherd, Calcutta, senza data [ca. 1910].
Quando Samuel Bourne arrivò in India nel 1863, gli avvenimenti relativi alla rivolta delle truppe indiane erano ancora vivissimi nei ricordi degli abitanti del luogo. La repressione della rivolta indiana del 1857-1859, che fu riportata nei libri inglesi di storia con il termine romantico Indian Mutiny (Ammutinamento Indiano), rappresenta uno dei capitoli più bui della storia coloniale britannica. Per lungo tempo, la fine della rivolta è stata raccontata solo ed esclusivamente come se si fosse trattato di una brillante prestazione militare occidentale effettuata da un numero nettamente inferiore di truppe europee contro una presenza numericamente schiacciante di truppe indiane. Mentre gli Inglesi considerarono l’Ammutinamento Indiano una reazione politicamente adeguata al loro esercizio del potere coloniale, gli Indiani al contrario concepirono la ribellione contro tale potere come l’inizio vero e proprio del loro movimento di indipendenza.

Le ragioni della rivolta sono varie e vanno anche ricercate nella privazione dei diritti e nella sottomissione dei maharajah e dei militari indiani da parte dei rappresentanti della East India Company: un processo che provocò l’annessione del regno di Oudh e costrinse il moghul Bahadur Shah II ad abdicare. Un resoconto pubblicato nella Illustrierte Zeitung di Lipsia consente di farsi un’idea delle condizioni di allora: “Il sistema di sfruttamento e di estorsione dell’Inghilterra in India va al di là di ogni immaginazione; gli abitanti del luogo considerano i ‘barbari biondi’ come sanguisughe; gli impiegati comunali meno capaci vengono inviati nelle colonie dell’India orientale a causa del nepotismo … Vengono imposte delle tasse ingiuste e i funzionari pubblici si arricchiscono sfacciatamente proprio nelle zone distanti dalle capitali, dove i controlli sono più difficili. Gli indiani sono considerati come una mandria di pecore pronte per essere rasate, che avrebbero al massimo bisogno di qualche cane per essere sorvegliate”. La ribellione dei sepoy indiani nell’esercito bengalese fu provocata da una diceria che era stata messa in giro, secondo la quale le cartucce del moderno fucile Enfield sarebbero state avvolte in strutto di maiale o grasso di mucca. Questo costituiva un affronto inaudito per le credenze religiose degli induisti e dei fedeli islamici. La rivolta ebbe inizio il 9 maggio 1857 a Meerut (40 km a nord-ovest di Delhi) e si estese rapidamente alla regione dell’Hindustan grazie al sostegno della popolazione: furono occupate le città di Delhi, Lucknow, Kanpur (Cawnpore), Gwalior, Benares e Futtehghur e l’esercito britannico perse dai 40 ai 50 reggimenti. Le fotografie di Felice Beato, riprese quando le tracce della distruzione erano ancora fresche, ci forniscono un’eloquente testimonianza di quegli eventi. Beato fotografò il cortile interno del Palazzo Secunderabagh a Lucknow e la postazione militare “Sammy House” a Delhi, dove erano ancora disseminati i resti degli scheletri dei sepoy caduti durante la ribellione. A Lucknow riprese inoltre molte moschee e palazzi (Fureed Buksh, Begum Kothie, Tara Kothie, Chatter Manzil, Great Imambara, Padshahbagh, Mohtee Mahul, Secunderabagh, Kaiser Bagh, Dilkusha, Martinière, la residenza o il bungalow del maggiore Banks) che erano serviti come abitazioni delle truppe, come linee di difesa o scenari di battaglia in occasione della riconquista della città da parte degli Inglesi. In quel periodo, la città era in preda al caos: si trattava di una città di più di 500.000 abitanti, molti dei quali erano fuggiti o erano stati uccisi a decine di migliaia.

Ciò nonostante, molte fotografie trasmettono l’impressione di un’atmosfera tranquilla, là dove indiani seduti o in piedi posano come statue per l’immagine. Queste rappresentazioni hanno ovviamente l’intenzione di affermare che l’esito della guerra è deciso ineluttabilmente e testimoniano la superiorità della potenza coloniale britannica. Si sarebbe quasi indotti, oggi, a pensare che anche la macchina fotografica di Beato volesse “conquistare” la popolazione indiana. Gli indiani, “volontariamente” immobili per il fotografo, sembrano esprimere la loro dipendenza e fedeltà. Sappiamo molto poco sulle condizioni precise in cui le fotografie furono scattate e sul curriculum personale e professionale di Felice Beato; sappiamo però che la sua permanenza in India si estese dal febbraio 1858 al febbraio 1860. Secondo alcune informazioni e un’analisi più approfondita, il fotografo, nei primi giorni di marzo 1858, si sarebbe trovato a Cawnpore; da fine marzo ai primi di aprile del 1858 avrebbe fotografato Lucknow; a metà aprile dello stesso anno Agra e all’inizio di maggio Simla. Nel mese di dicembre 1858 Beato potrebbe essersi trovato a Delhi, dove ha fotografato la Porta del Kashmir, che era stata fatta saltare in aria da un’esplosione e attraverso la quale nel mese di settembre 1857 le truppe inglesi si erano aperte una breccia per penetrare con successo nella città. Beato si recò a Lahore nell’ottobre del 1859 per poi prendere nel febbraio 1860 la nave per Hong Kong e partecipare come fotografo di guerra alla spedizione delle truppe britanniche contro l’impero cinese nella seconda guerra dell’oppio.