La fotografia può senza dubbio essere considerata l’erede dell’incisione, poiché è anch’essa mezzo tecnico-artistico di riproduzione delle immagini: ne condivide le funzioni divulgative o artistiche e ne prende in prestito le finalità e modalità operative.
Non stupisce quindi che nell’Istituto centrale per la grafica trovi un posto di rilievo un settore dedicato alla fotografia, la cui fondazione risale al 1975, anno della creazione dell’Istituto. Sin dall’inizio il settore ha avuto come obiettivo quello di recuperare quelle opere che permettessero di ricostruire a grandi linee la storia della fotografia stessa, sia come strumento comunicativo ed espressivo che storico-documentaristico.
Il nucleo originario della raccolta fotografica dell’ICG è costituito da un gruppo di stampe fotografiche degli anni Settanta dell’Ottocento provenienti dalla allora Regia Calcografia: tali copie, che rappresentano importanti dipinti e affreschi del Rinascimento e Classicismo romano, erano indispensabili al lavoro degli incisori “di traduzione”, i quali le tenevano come modello per i lavori commissionati loro dalla Calcografia.
Fotografie di intento principalmente documentaristico sono anche quelle del fondo dello Studio Vasari, attivo a Roma dal 1870, rappresentanti principalmente panorami cittadini.
Importante ai fini didattici è stato il recupero dei materiali storici delle origini come dagherrotipi, ambrotipi, ferrocromie.
Sul versante delle potenzialità linguistiche del mezzo fotografico, l’Istituto possiede diversi fondi (soprattutto del primo Novecento) di artisti come Duilio Cambellotti, Adolf Hiremy Hirschl, Luigi di Sarro e Francesco Paolo Michetti.
Sempre del periodo tra XIX e XX secolo sono presenti sia le tendenze pittorialiste, nel fondo di Gustavo Bonaventura, sia alcuni importanti rappresentanti della fotografia amatoriale, con i fondi di Filippo Rocci e Federico Peliti.
Dal 1985 l’Istituto ha incrementato progressivamente le collezioni di fotografia contemporanea, con opere di molti fotografi italiani (da Ghirri a Iodice, da Gioli a Cresci) e di un buon numero di autori stranieri (Siskind, Parr, Klein e altri), che documentano ampiamente l’evoluzione del linguaggio fotografico dal secondo dopoguerra ad oggi.