Regina Viarum. La via Appia nella grafica tra Cinquecento e Novecento
Istituto centrale per la grafica – Sale espositive del Palazzo della Calcografia
via della Stamperia 6
20 settembre 2023 – 7 gennaio 2024
Mausoleo di Cecilia Metella
La via Appia è un paesaggio culturale, è questo il filo rosso che attraversa la mostra che l’Istituto centrale per la Grafica dedica all’antica strada consolare attraverso i molteplici sguardi che gli artisti le hanno rivolto nel corso dei secoli.
Seguendo le loro orme, ci incamminiamo lungo il percorso, simbolo della magnificenza della Roma antica, per sostare dinanzi ai monumenti che più hanno colpito il loro immaginario. Al III miglio sorge uno degli edifici più raffigurati nella grafica a partire dal Cinquecento: il Mausoleo di Cecilia Metella, costruito tra il 30 e il 10 a.C. come sepoltura di Cecilia Metella, figlia di Quinto Cecilio Metello e moglie di Marco Licinio Crasso, figlio dell’omonimo triumviro, appartenente ad una delle famiglie nobili più in vista dell’epoca. Costituito da un basamento quadrato in calcestruzzo, rivestito anticamente con blocchi di travertino poi oggetto di spoglio nel Cinquecento, e sormontato da un alto cilindro decorato con un fregio in marmo raffigurante scudi, festoni e bucrani (teschi di bue), è conosciuto con il nome Capo di Bove proprio per la presenza dei bucrani decorativi. Nel Medio Evo la famiglia Caetani realizzò una sopraelevazione decorata da merlature ghibelline e vi costruì intorno un borgo fortificato comprendente una chiesa e un palazzo.
L’edificio, con le sue stratificazioni storiche, è delineato con grande minuziosità e attenzione alla struttura architettonica da Giovanni Battista De Cavalieri (1), incisore ed editore a Roma nella seconda metà del Cinquecento, che realizzò la sua incisione sulla base dei disegni dell’architetto fiorentino Giovanni Antonio Dosio. De Cavalieri, con sottile attenzione documentaria, riproduce la merlatura a coronamento e il borgo costruito dai Caetani e tratteggia minute figure nella scena a restituire l’atmosfera della vita a Roma nel Cinquecento.
Giovanni Maggi (1), nella sua incisione pubblicata nel 1618 dall’editore romano Giuseppe De Rossi, propone una ricostruzione immaginaria del monumento come doveva apparire nell’antichità, coronato da una cupola ornata da statue. A corredo dell’immagine una colta didascalia in latino. Degno di attenzione è anche Giuseppe De Rossi, fondatore di una delle principali imprese commerciali romane, la Stamperia De Rossi, a lungo attiva nella produzione e vendita di stampe, una vera e propria fabbrica di immagini rappresentative della magnificenza di Roma antica e moderna.
Alla prima metà del Seicento data l’incisione del francese Israel Silvestre il giovane (1), pubblicata come frontespizio delle Diverses veües de France et d’Italie. Specializzato in vedute topografiche e prospettive di monumenti, l’artista francese si recò in viaggio in Italia e a Roma tra il 1640 e il 1650, realizzando numerosi disegni che poi incise. Non poteva mancare quindi una rappresentazione del Mausoleo di Cecilia Metella, inserito in una più ampia veduta romana nella quale si riconosce l’imponente cupola di San Pietro. Si tratta di una immagine fantastica della città poiché la basilica non è visibile dalla via Appia.
Il disegno di Alessio de Marchis (2) (prima metà del Settecento) è tecnicamente un capriccio cioè una veduta nella quale elementi fantastici si uniscono ad elementi reali e che si diffonde dalla fine del Seicento. Nel disegno infatti vediamo il Mausoleo di Cecilia Metella, reso con tratti fluidi, accostato ad una costa marina o al corso di un fiume, probabilmente l’Almone che scorre lungo la via Appia.
Al termine della nostra prima sosta lungo la via Appia, ci attende nell’ultima sala della mostra la matrice in rame che Giambattista Piranesi (3), particolarmente interessato alle tecniche costruttive dei romani, dedica al fregio decorativo dell’edificio in una dettagliata visione ravvicinata.
Come congedo al termine del percorso, possiamo leggere brevi brani tratti dalle poesie che alcuni poeti contemporanei hanno composto in occasione della mostra e pubblicato nel catalogo. Così recitano alcuni versi di Roberto Deidier ispirati al Mausoleo di Cecilia Metella: “Mi proteggeva una cupola, crollata,/ Restano i merli come un monito di guerra./ Ogni tanto qualche cippo rammenta ai turisti/ L’orgoglio di misurare un immenso tutto nostro”. Giancarlo Pontiggia, nella sua Presso la Tomba di Cecilia Metella, scrive: “Sono solo un basolo che sogna, e vede/ bagliori, fiamme, scoppi./ Sono come te, che dormi un lungo sonno,/ e sogni”.